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Napoli, 13 febbraio 2018
Fra i percorsi sotterranei nel cuore di Napoli, quello proposto da La Napoli Sotterranea della L.A.E.S. (Libera associazione escursionisti Sottosuolo) è fra i più affascinanti, oltre ad essere il primo ad aver riportato alla memoria di Napoli e dei napoletani il proprio sottosuolo. Incontrare quelli del L.A.E.S. è facile, basta trovarsi nel weekend davanti al Gambrinus e loro saranno là, punto di ritrovo in ottima vista per tutti. Il percorso parte dall’ingresso nei Quartieri Spagnoli, un po’ oltre Largo Sant’Anna di Palazzo, attraverso una lunga rampa di scale che porta oltre 40 metri più sotto. Si tratta di uno dei più famosi rifugi antiaerei, il primo ad essere “riscoperto” ed aperto al pubblico.
Le esperte guide portano il visitatore ad una doppia riscoperta della Napoli sotterranea: da una parte quella legata al periodo della seconda guerra mondiale, con i bagni, i tantissimi graffiti, il doppio impianto elettrico, dall’altra quella legata al sistema di gestione dell’acqua potabile in città utilizzato fino al 1885, data di entrata in funzione del moderno acquedotto del Serino. Vengono dati un po’ di cenni storici sull’acquedotto di epoca romana e sul suo sviluppo nei secoli, sul come i napoletani evitarono gli editti contro l’ingresso di materiale edile in città andando a scavare ampliando le cisterne, mantenendo sempre ovviamente forme statiche a protezione dei palazzi sovrastanti, sul come i pozzari riuscissero sempre a farsi pagare e sul come si trasformassero nell’immaginario comune nel “munaciello” porta fortuna e consolatore delle donne troppo spesso sole. Il percorso si snoda fra cisterne, ognuna con un pozzo che riportava in superficie, passando per cunicoli ampliati per permettere il passaggio dei napoletani durante la guerra ma anche per cunicoli parte dell’antico acquedotto, rimasti stretti ed angusti come nei tempi antichi (nulla di impegnativo, anche se può creare qualche problema a chi soffre di claustrofobia). Lungo il tragitto si incontrano diversi cunicoli e cisterne ancora pieni zeppi di materiale di risulta buttato dalla fine della guerra in poi durante la ricostruzione post bellica ed anche probabilmente durante il boom edilizio… invece di inviare il materiale in discarica si buttava nelle cisterne attraverso i pozzi… seppellendo un pezzo di storia di Napoli che solo grazie ai volontari qui come altrove sta riuscendo fuori. L’uscita si trova in via Chiaia, con un dislivello di circa 16 metri.
Di grande interesse storico sono i tanti graffiti lasciati dalle migliaia di napoletani che restavano ore, giorni sotto terra in attesa che terminassero i bombardamenti degli americani. Semplici scritte e schizzi artistici, aeroplani stilizzati (un Macchi C202?), un carrarmato, i profili del duce, schemi di attacco sul gioco del calcio, donne discinte e frasi politiche oltre ad una bandiera sabauda. Un W Badoglio e dall’altra parte un “la vita senza amore è un deserto”… perché anche sotto le bombe, anche nella folla di un rifugio antiaereo poteva nascere un amore.