Napoli, 22 giugno 2016
Non è facile raccontare quel che è accaduto a Napoli in questi giorni, non è affatto semplice fare qualsiasi analisi politica che possa descrivere in modo esaustivo la vittoria di Luigi de Magistris.
La festa. Forse è meglio partire dalla fine, dalle fotografie che raccontano una Napoli in festa, con centinaia di persone che si sono riversate in strada a piazza Municipio per festeggiare. L’immagine di palazzo san Giacomo aperto e pacificamente invaso da giovani e meno giovani, da appartenenti ai centri sociali come da moderati, con la folla straripante che dal cortile del palazzo alterna Bella Ciao a O’Surdat ‘nnamurat resterà nelle menti e nei cuori di chi c’era.
L’elettorato. Una realtà eterogenea e complessa, quella che ha votato per Luigi de Magistris. A differenza di cinque anni fa, al primo turno il sindaco uscente era arrivato primo in 25 quartieri su 29, in 9 municipalità su 10. Al secondo turno è risultato primo in 27 quartieri su 29, cedendo a Lettieri solo a San Pietro a Patierno e per poche decine di voti a Posillipo, risultando ampiamente vincitore (anche con oltre il 70% alla terza, quinta e decima) in tutte le municipalità. Non solo il sindaco del Vomero come qualcuno aveva voluto descriverlo in questi anni, ma anche il sindaco di Chiaia e Posillipo da una parte (tradizionali roccaforti del centrodestra) e di Bagnoli – Fuorigrotta dall’altra (tradizionali roccaforti del Pd e di quel che c’era prima del Pd). Non è un caso che lunedì pomeriggio ai festeggiamenti del lunedì pomeriggio gli striscioni erano tutti per le periferie: le assemblee popolari dell’ottava municipalità (Piscinola-Marianella-Chiaiano-Scampia) sono solo l’esempio di quanto sia importante la partecipazione popolare e la democrazia dal basso nel progetto di Luigi de Magistris, realtà concrete, non quel che altri vorrebbero ridurre a mero populismo.
Gli ignavi di dantesca memoria. Al primo turno ha votato il 54% degli aventi diritto, al secondo turno in troppi han dato il risultato per scontato (pro, contro ed indecisi). Resta la triste considerazione sul dato di affluenza, che con il tempo sta diventando sempre più simile a quello dei paesi anglofoni. Alle regionali l’anno scorso a Napoli è andato il 40% degli aventi diritto, quest’anno nonostante mille mila candidati il 54% ed al ballottaggio in tanti han preferito disertare le urne. Il (triste) dato politico è che la gente non vuole scegliere,non vuole decidere… Dante metteva gli ignavi all’inferno e per lui non valeva nemmeno la pena di discutere di coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo….
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Pur comprendendo che alcuni ne sentano la necessità, non riuscendo ad ammettere la sconfitta, è troppo semplicistico trasformare l’astensione al secondo turno in qualcosa contro de Magistris, che ha preso quasi il 43% al primo turno quando si erano comunque recati alle urne più di un avente diritto su due. Del resto il sindaco di Londra è stato eletto con un “turnout” del 45% degli aventi diritto, nel caso di Bill de Blasio a New York si era recato alle urne il 25% degli aventi diritto e dubito che qualcuno possa pensare che siano delegittimati in qualche modo da questi dati riguardanti l’affluenza. Il problema comunque è nazionale, anche se più evidente al Sud e meriterà ulteriori approfondimenti.
L’anomalia che diventa laboratorio politico. Troppo facile ridurre il fenomeno Napoli ad anomalia, al punto da escludere quasi totalmente i servizi sulla vittoria di de Magistris dai media nazionali… persino Trieste e Bologna hanno avuto più spazio di Napoli, a dispetto di dimensioni, numero abitanti e storia della città. Per anni si è ridotto il fenomeno de Magistris a voto di protesta contro il sistema, in anticipo sul fenomeno 5Stelle. Oggi de Magistris vince in quanto sindaco di Napoli, una vittoria basata sul confronto fra la Napoli del 2011 e quella del 2016, una vittoria basata anche sulla consapevolezza che Napoli ambisce ad essere un laboratorio politico di rilievo nazionale. Partecipazione dal basso, autonomia locale vista in senso positivo e non distorto come raccontato da quelli della Lega, voce al senso di appartenenza alla terra andando oltre i confini dell’essere “sindaco di sinistra”, che l’associazione di de Magistris abbia il nome formato da due semplici parole non è un caso…. democrazia ed autonomia
La base di demA. Quasi mai in prima fila, spesso alle manifestazioni di piazza semplicemente di lato, senza quella necessità di mettersi in mostra ed apparire per forza… è la base di Luigi de Magistris, gli iscritti alla sua associazione, persone che hanno dedicato ore, giorni, settimane (in base alle disponibilità) alla campagna elettorale da volontari. Mentre altri pare pagassero le persone 50 euro anche solo per fare volantinaggio, uomini e donne di demA giravano per Napoli coi #CIT (i punti informativi mobili), si alternavano a fare da punto accoglienza al comitato elettorale, giravano per le strade ed i vicoli della città a parlare con le persone in mezzo alla strada.
La first lady. Discreta e sempre presente nei momenti importanti accanto al marito, forte come son forti tante donne della sua terra natìa, combattiva come Luigi de Magistris, la campagna elettorale di MariaTeresa Dolce è tutta in quel suo voler essere in mezzo alla gente, fuori al comitato elettorale ad attendere i dati dei primi exit poll il 5 giugno, in piazza Municipio la notte della vittoria in mezzo agli altri, caparbiamente e volutamente una fra tanti, pur sapendo di non essere una semplice elettrice ma una delle principali artefici del successo elettorale del marito.
Gli errori. Luigi de Magistris in campagna elettorale è tornato spesso sugli “errori “, con onestà e maturità politica. Io credo davvero nelle parole che Oscar Wilde più volte utilizzò nei suoi scritti:
experience is the name everyone gives to their mistakes
Non solo gli errori durante il primo mandato (ha parlato più volte della ztl del mare ad esempio), non solo gli errori “politici” (l’essersi schierato nel 2013), ma anche gli errori di inesperienza di un gruppo che non era attrezzato per sostenere una campagna elettorale e che comunque ha portato a sostenere il proprio candidato fino alla vittoria. Non è un caso che le prime parole del comizio di apertura dedicato alle coalizioni al Palapartenope siano state per gli esclusi, non è un caso che più volte il sindaco sia tornato sulla questione degli errori formali che han fatto cadere liste e candidati.
Napoli ed i prossimi cinque anni. Che sia stato fatto molto nei cinque anni passati è evidente anche alla luce del risultato elettorale che ha premiato il sindaco uscente, che si debba lavorare per fare tanto di più è altresì evidente. Napoli è una città maledettamente complessa e piena di problemi e sarà importante che regione e governo possano finalmente iniziare ad impegnarsi per Napoli, al di là degli spot elettorali.
A partire da Bagnoli… il commissariamento di Bagnoli è stato visto come un esproprio, il dato politico è fin troppo evidente… de Magistris ha vinto a Bagnoli ed a Fuorigrotta, la decima municipalità è stata strappata per la prima volta nella storia di circoscrizioni e municipalità al PD (ed a quel che c’era prima), anche al ballottaggio fra le percentuali maggiori di consensi per de Magistris, con oltre il 70%, c’è la decima. Sedersi nuovamente al tavolo per programmare finalmente il rilancio di Bagnoli, comune, regione e governo, a partire dalla bonifica che spetta al governo ma che ancora nei fatti è ferma per arrivare a progetti di riqualificazione urbanistica che siano condivisi e condivisibili in toto fra tutte le parti. E’ la città che lo chiede e sarà importante superare lo scoglio commissario e riaprirsi al dialogo.