Napoli, 13 Ottobre 2016
Non si fa altro che parlare da giorni dello “scandalo” che riguarda le scuole britanniche, ree di aver suddiviso in una classificazione italiani, italiani napoletani ed italiani siciliani.
Dall’Italia è stato ricordato al quasi extracomunitario Regno Unito che l’Italia è UNA dal 1861 e che l’identità di una nazione va tutelata, anche in base a quanto stabilito dall’Unione Europea.
Giusto, giustissimo.
Spulciando lo “School Census 2016/2017” britannico (link da facebook, grazie al collega Giacinto Gelli) a pagina 138 sono riportati i “Language code [ALL schools]” e fra questi vi sono tre codici differenti riguardanti l’italiano ITAA (any other), ITAN (napoletan), ITAS (sicilian).
Secondo lo standard internazionale ISO 639 (che stabilisce una classificazione delle lingue umane ed attribuisce un codice a ciascuna di esse) ed in particolare l’ISO 639-2 il napoletano è una lingua, alla pari del siciliano, del sardo e del friulano.
Gli statistici che hanno elaborato il documento ripreso nelle scuole anglosassoni non hanno fatto altro che applicare uno “standard”, ovvero che il napoletano è una lingua parlata in Italia.
L’ Abate Galiani che- pare – tentò di guadagnare alla lingua napoletana il ruolo di lingua scritta, scriveva la sua corrispondenza in Toscano = Italiano e italiana era la lingua scritta ufficiale del Regno dal ‘700,come si nota nei documenti ministeriali in A.S.N. Per il Napoletano scritto, bisogna risalire a Salvator Rosa o finanche al Velardiniello. Si’ , il marchese di Caccavone pure “poetava” in Napoletano, ma era ormai un vernacolo sforzato a scopo umoristico, lontano ormai dalle necessità di una lingua internazionale.Forse , la nostra lingua originale fu uccisa dal Castigliano dei dominatori , insieme alla nostra libertà e talvolta anche alla nostra dignità. Che poi, da noi gli Arberesh usano una lingua, ch’ è anche scritta ; ma gli Inglesi lo ignorano, come peraltro, a Londra, si disinteressano del Gaelico …In definitiva, se vogliono pignoleggiare, lo facciano coerentemente; ma forse : ” nun è ccosa ppe’ lloro!”
Giorgio Gragnaniello
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