Le ultime ore del 2014 di Napoli sono state una piccola summa dell’intero anno, ricco di contraddizioni e di buoni propositi per la città di Partenope: tanti turisti, un evento di rilievo nazionale a catalizzare l’attenzione su Napoli dell’Italia intera, i bei fuochi d’artificio a Castel dell’Ovo ed i tanti piccoli atti di inciviltà a far da contorno, con un bilancio provvisorio di 48 feriti a causa dei botti, un paio gravi ma non in pericolo di vita, nella città metropolitana di Napoli. In città si è sparato probabilmente di meno (dopo una quarantina di minuti i rumori erano ridotti al minimo ed il fumo minimo rispetto al passato), complice il grande freddo di questi giorni e probabilmente il fatto che per buona parte dei napoletani Capodanno era stato anticipato al 22 dicembre, giorno della vittoria della Supercoppa italiana ai danni della Juventus.
Che piaccia o meno il cantante-conduttore della lunga diretta su Canale 5, il mega spettacolo-concerto che si è tenuto in piazza del Plebiscito ha mostrato il ruolo primario che in termini di immagine ha riconquistato Napoli: quattro ore di diretta da Napoli, l’ultimo giorno dell’anno, sono un punto di partenza per il 2015 da non sottovalutare e da cui ripartire per continuare il rilancio di Napoli, che non sarà comunque semplice.
A far da contraltare alla ribalta mediatica due immagini, due istantanee che mi son rimaste fisse nella mente, pur essendo passate rapide mentre ero in auto, in due zone profondamente differenti della città ed a distanza di oltre 12 ore l’una dall’altra: due bambini intenti a gestire una bancarella di fuochi d’artificio lungo la riviera di Chiaia ieri mattina e tre ragazzini di 10-12 anni che alle due di notte cercavano a via Salvator Rosa di bruciare cartoni ed altro con petardi e quel che a loro restava dei botti di Capodanno. Due immagini terribili, perché hanno come protagonisti i bambini, che devono far riflettere su come la società (noi tutti) non riesca in alcun modo a compensare alle carenze e le criticità che attanagliano non poche famiglie napoletane e che non permetterà a troppi figli del XXI secolo di fare un necessario salto di qualità e gettarsi alle spalle il triste passato dei propri genitori, in un fallimento che è oggettivamente collettivo e del quale siamo tutti, chi più, chi meno, responsabili.
Eppure, nonostante la consapevolezza che esistono due, forse tre, differenti Napoli che convivono e si ignorano, vivere in una città sempre più vivibile e più normale (nella sua anormalità) potrebbe creare dei ponti di collegamento fra le due città, perché non si può rinnovare Napoli rinunciando a cambiare quella parte che continua a guardare per terra, a divorare senza gustare una città che è meravigliosa stratificazione di culture, anime, mondi differenti da oltre 2500 anni.
Del resto già oltre cinque secoli fa erano convinti che la bellezza di Napoli potesse spegnere il fuoco del Vesuvio…
La fotografia del giorno
la fontana della Spina corona o fontana delle zizze è un simbolo di Napoli e mostra la sirena Partenope intenta a spegnere con l’acqua che sgorga dalle mammelle la lava del Vesuvio (la bellezza di Napoli spegne il Vesuvio…)